Essere una donna Picena

Le donne nel panorama sociale della penisola italica pre-romana costituiscono sicuramente un’eccezione rispetto ai canoni femminili usuali. Non si limitavano a custodi del focolare domestico, lasciando all’uomo una posizione di rilievo con potere decisionale, ma godevano di un ruolo attivo e importante nella società, tanto quanto il genere maschile. Come in Etruria e nel Lazio, la donna Picena non viveva segregata in casa ma il suo ruolo era ben considerato anche nella vita cittadina. 

Ma quali erano i ruoli riservati alla donna, presso le comunità picene? Signora nella società e padrona dell’Oikos, da un lato in qualità di madre assicurava la continuità della famiglia, dall’altro con il vincolo del matrimonio garantiva legami, accordi e alleanze all’interno di gruppi aristocratici dominanti. 

Le donne di alto rango venivano seppellite in tombe sfarzose, con corredi sontuosi che non avevano nulla da invidiare a quelli dei principi. Al loro interno sono state trovate numerose suppellettili da banchetto e ceramiche di gran pregio, spesso provenienti anche da lontano. A volte oltre a rocchetti e fuseruole, sono presenti anche carri, scudi, scettri e magnifiche parures ornamentali.

Le ricche inumazioni femminili del VI secolo a.C. evidenziano il rango delle defunte, l’ostentazione del lusso dei corredi, infatti, ne conferma l’elevata posizione sociale. Ne sono una testimonianza i ritrovamenti avvenuti nella località di Sirolo-Numana, nell’anconetano, facenti parte di una monumentale tomba, conosciuta anche come la Tomba della Regina. Composta da tre fossati circolari adiacenti, il sito conteneva non solo i resti della donna e un corredo tipicamente femminile ma anche un inusuale corredo ascrivibile alla cultura maschile. 

La veste della defunta, intessuta con particolari di pasta vitrea e frammenti di ambra, rappresenta una ricerca di raffinatezza, caratteristica anche dei monili da lei indossati.

Dotazione curiosa, il gran numero di conchiglie cipree con cui erano stati creati  i monili presenti.

Il ritrovamento ha destato particolare stupore ed interesse negli studi e nelle ricerche archeologiche: questa varietà di conchiglie in effetti non era presente nel Mar Mediterraneo ma arrivavano dall’ oriente tramite importanti scambi commerciali.

Con la loro peculiare forma, che in antichità si associava all’apparato genitale femminile, le conchiglie cipree richiamano l’attenzione sulla sacralità femminile.

Possiamo ipotizzare che la regina godesse di diritti di cui non tutte le donne dell’epoca potevano avvalersi. Nello specifico, all’interno delle fosse sono state rinvenute armi funzionali, e non da parata come in tanti altri siti, e carri antecedenti al periodo in cui è vissuta, ritrovamento che attesta come essa abbia ereditato dei beni materiali dal klerus paterno, ovvero dell’eredità degli avi. 

Un’altra necropoli che permette di approfondire e di avere una panoramica diversa sullo status sociale della donna, è stata rinvuta nella località di Belmonte Piceno, nel fermano.

Gli scavi di inizio ‘900 hanno portato alla luce ben trecento tombe contenenti numerosissimi reperti, decretandola come uno dei siti piceni di maggiore importanza. I corredi funebri consistono in migliaia di fibule, leoni scolpiti nell’ambra, anelloni a nodi, e carri a due ruote in almeno 9 o 10 tombe. 

Le inumazioni contenenti spoglie femminili contenevano anche elementi tipicamente maschili come armi da lancio e teste di mazza in funzione di scettri, ragion per cui 

vengono riconosciute come “Tombe delle Amazzoni”. In una prima interpretazione, in assonanza con alcune rappresentazioni di scene combattive tra donne e uomini rinvenute come decorazioni su vasi attici, è stata ipotizzata la presenza della donna anche nella sfera militare.

Un’ulteriore interpretazione può essere portata avanti grazie ad un’ informazione che ci giunge dal mondo romano: nel tribunale dei centimviri, uno dei più antichi tribunali romani, venivano sottoposte questioni legate all’eredità, alle spartizioni dei beni, al passaggio di patrimoni tramite matrimonio oppure alla liberazione degli schiavi.

Un tribunale che si occupava dunque di diritti civili e dove le sedute venivano aperte battendo un’asta (una lancia). Da qui deriva l’odierno modo di dire: “battere all’asta”.

Il collegamento col mondo piceno attesterebbe quindi una simbologia intrinseca delle punte di lancia ritrovate al di sotto del capo delle defunte che venivano poste in segno di riconoscimento dei diritti civili e sociali. 

 In un orizzonte di così larghe vedute quindi  si inserisce in un sistema di eguaglianza di genere, anticipando sotto diverse sfumature il pensiero moderno.

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